I rischi biologici: normativa e obblighi del datore di lavoro

Cosa è il rischio biologico, quali sono gli obblighi dell'imprenditore e cosa deve fare il lavoratore?

L’emergenza sanitaria cagionata dal Covid-19 ha costretto tutti noi a rivedere stili di vita ed abitudini, ma non ha azzerato quel contesto fatto di interazioni sia volontarie che necessarie. Riprendere la quotidianità in convivenza con il virus significa anche fare i conti con una rinnovata attenzione al tema della prevenzione. Se l’eccesso di allarmismo è deleterio e controproducente, parimenti può esserlo un atteggiamento di imprudente noncuranza. È dunque necessario l’equilibrio, che può essere raggiunto mediante la conoscenza dei più importanti concetti legati all’ambito sanitario.

Cosa dice la legge | Obblighi del datore di lavoro

Cosa dice la legge

fusto e materiale inquinante

Definizione di Rischio biologico | Destinatari della normativa

Definizione del Rischio biologico

Tra questi concetti, rientra anche quello di “rischio biologico”. Per capirlo a pieno, bisogna analizzare la definizione di “agente biologico”, fornita dal D.Lgs 81/08, che, all’art. 267 comma a), lo individua come “qualsiasi microorganismo, anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano, che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni”. Il rischio biologico è, di conseguenza, il pericolo connesso alla diffusione di batteri, virus, funghi e relative tossine, capaci di riprodursi e di trasferire materiale genetico per via diretta, ossia mediante ingestione oppure contatto cutaneo, o per via indiretta, mediante trasferimento della carica batterica o virale da un soggetto malato o portatore ad uno sano.

Destinatari della normativa

Il rischio biologico assume dunque un rilievo non trascurabile, di cui anche il legislatore si è mostrato consapevole, attribuendo, nel succitato decreto, attenzione specifica al contenimento di tale rischio nei luoghi di lavoro.

La norma individua due macroaree di aziende esposte a tale rischio: da un lato, quelle che fanno uso deliberato di microorganismi al fine dell’ottenimento di prodotti specifici (imprese operanti nel settore alimentare, chimico, energetico, minerario, agricolo, sanitario, zootecnico, veterinario, biotecnologico e farmaceutico); dall’altro, quelle in cui “la presenza potenziale, seppur non volontaria, è estremamente probabile”. Tra queste ultime si pensi, ad esempio, agli ospedali, agli ambulatori, agli studi dentistici, nonché alle imprese aventi ad oggetto l’allevamento di animali, lo smaltimento di rifiuti, i servizi funerari e mortuari, quelli di disinfezione e disinfestazione.

Obblighi del datore di lavoro

materiale pericoloso sotto analisi

Secondo quanto disposto dalla legge, il datore di lavoro è tenuto ad effettuare una valutazione del rischio biologico in relazione a quelle attività e condizioni lavorative che possano favorirne l’insorgenza. Tale valutazione deve essere idonea ad identificare le procedure di lavoro più rischiose, gli agenti patogeni in grado di provocare allergie, intossicazioni o patologie, e le malattie che possono essere contratte a seguito dell’infezione.

Misure igieniche | Informazione del lavoratore | Sorveglianza | DVR

Misure igieniche

Qualora questa attività d’indagine indichi l’esistenza del rischio biologico, il datore di lavoro dovrà rendere disponibili ai lavoratori i servizi sanitari adeguati (docce con acqua calda e fredda, e se ritenuto necessario lavaocchi e antisettici per la pelle), gli idonei indumenti protettivi, nonché i dispositivi di protezione individuali. Il decreto in oggetto stabilisce altresì che “nelle aree di lavoro con rischio di esposizione ad agenti biologici è fatto divieto di assumere cibi, bevande e fumare, conservare cibi, applicare cosmetici”.

Informazione e formazione del lavoratore

Il decreto legislativo prevede che il datore di lavoro sia tenuto a fornire ai suoi lavoratori dettagliate conoscenze e istruzioni in merito al rischio biologico nell’ambiente di lavoro, e alle precauzioni necessarie da seguire scrupolosamente; egli dovrà altresì indicare la funzione degli indumenti di lavoro e dei dispositivi di protezione, ed istruire i dipendenti circa le modalità comportamentali più opportune al fine di ridurre al minimo il verificarsi di infortuni e di gestirne al meglio le eventuali conseguenze. L’obbligo di formazione – specifica altresì il dispositivo normativo – dovrà essere adempiuto con cadenza quantomeno quinquennale.

Sorveglianza sanitaria sul rischio biologico

La gestione del rischio biologico sul luogo di lavoro non è onere esclusivo dell’imprenditore. Un ruolo centrale è altresì svolto dal medico competente, chiamato a collaborare nelle attività di prevenzione anche valutando scientificamente l’opportunità della somministrazione di specifici vaccini, qualora disponibili e ritenuti idonei. Inoltre, in ipotesi di contaminazione accidentale, è prevista l’istituzione di un registro degli esposti; tale documento dovrà essere mantenuto e conservato dal datore di lavoro, tramite il medico competente. Quest’ultimo è altresì tenuto a sottoporre a visite di sorveglianza sanitaria i lavoratori, ed a rilasciar loro, in caso di riscontro negativo agli agenti patogeni, un certificato di idoneità alla continuazione dell’attività lavorativa.

Durata del D.V.R.

Il documento di valutazione del rischio biologico è dunque l’elemento fondante di tutte le misure necessarie alla tutela della salute sul luogo di lavoro. Per le imprese di nuova costituzione, esso va stilato entro novanta giorni dall’inizio dell’attività oltre ad essere soggetto ad un controllo periodico. Vi sono difatti ipotesi specifiche, quali ad esempio quelle relative a significative modificazioni del processo produttivo o ad infortuni, che comportano la necessità di rivalutare il rischio per renderlo più “reale” e più utile e funzionale sia per i lavoratori che per il datore di lavoro.

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