Inquinamento atmosferico: i numeri sulle emissioni industriali

In attesa che l’economia diventi green, i dati sulle emissioni non sono molto esaltanti. Il percorso è ancora lungo e l’atmosfera va tutelata meglio.

Le grandi ciminiere industriali, che senza sosta rigurgitano nell’aria enormi quantità di fumi, rappresentano l’immagine più adatta a esprimere il concetto di inquinamento atmosferico. Pur essendo fortemente evocativa e indiscutibilmente efficace, questa rappresentazione non può però considerarsi esaustiva. In realtà, il problema non può essere circoscritto soltanto alle pur nocive emissioni industriali. Non sarebbe pertanto corretto puntare il dito soltanto contro le imprese, attribuendo unicamente a esse la colpa dell’avvelenamento dell’aria. Più equamente, le responsabilità vanno condivise, essendo le emissioni legate a doppio filo a ogni attività umana, anche a quelle svolte all’interno degli spazi domestici. 

Inquinamento domestico
Inquinamento delle aziende
I gas
Si migliora o si peggiora?

Le case non sono “carbon free”

A corroborare quanto appena detto ci sono i numeri, che non mentono. Essi sono in grado di fotografare con lucida chiarezza qualsiasi situazione, dunque anche lo stato di salute dell’ambiente atmosferico.Ed è proprio dalla lettura delle cifre che è possibile inchiodare alle proprie responsabilità ambientali anche chi se ne sta beatamente nella comodità di casa. Stando ai dati (Fonte ISTAT – Annuario Statistico Italiano 2020), sembra infatti che le utenze domestiche costituiscano all’incirca il 45% delle emissioni di gas serra prodotte nell’intero territorio italiano, con il riscaldamento e gli usi di cucina che giocano un ruolo determinante nella produzione di quelle sostanze (come, per esempio, l’anidride carbonica e il metano) capaci di aggravare il cosiddetto “effetto serra”. Ancor più inquietante è il dato relativo al trasporto privato; ogni volta che mettiamo in moto il nostro veicolo, contribuiamo a incidere per il 54% sulla dispersione di combustibili fossili nell’ambiente.

Le responsabilità ambientali dell’industria

Interessante e al contempo preoccupante è la lettura dei numeri riguardanti le emissioni atmosferiche dovute alle attività produttive. Tra le tante cifre evidenziate, meritano una particolare attenzione quelle relative al settore delle forniture di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata, a cui è imputabile il rilascio del 30% dei fumi nocivi prodotti dalla totalità delle imprese. Non da meno, il dato riferito al settore manifatturiero, i cui cicli produttivi gravano per il 27% sull’effetto serra. Impossibile fornire un’elencazione completa in questa sede, ove si vuol rivelare soltanto un quadro d’insieme. Tuttavia, va precisato che quelli appena menzionati non sono gli unici ambiti industriali in cui il business deve armonizzarsi alle esigenze di tutela ambientale. Né – è bene sottolinearlo – dedicare attenzione alla qualità dell’aria significa monitorare unicamente il rilascio di gas serra.

Altre fonti di inquinamento atmosferico: 

1) Gas acidificanti

Tra i nemici dell’atmosfera vanno infatti annoverati anche i gas acidificanti e quelli precursori dell’ozono troposferico. Ai primi (tra i quali il biossido di zolfo) è imputabile il fenomeno delle piogge acide . A riguardo, le percentuali di emissioni più alte sono riconducibili ai seguenti settori produttivi:

  1. Agricoltura, silvicoltura, pesca (47%);
  2. Attività di trasporti e magazzinaggio (36%);
  3. Industria manifatturiera (8%).

Non meno rilevante è la responsabilità delle famiglie. Ogni qualvolta si preferisce utilizzare l’auto anziché usufruire del trasporto pubblico, si favorisce il rilascio di tali sostanze, che rappresentano il 78% dell’inquinamento atmosferico generato dai privati.

2) Gas precursori dell’ozono troposferico

Tra essi rientrano alcuni elementi (come il metano, il monossido di carbonio e l’azoto) che, dispersi nell’ambiente, sono capaci di aumentare i livelli di ozono della troposfera, ossia la sezione di atmosfera più vicina alla superficie terrestre. Da tale impennata derivano conseguenze devastanti per la salute umana, nonché per la flora e la fauna. Dunque, anche in questo caso ci si trova al cospetto di vapori altamente nocivi per il benessere dell’atmosfera, e anche in questo caso le responsabilità sono imputabili sia alle imprese che ai privati. Tra le prime, da segnalare le percentuali di emissione del settore manifatturiero (23%) e del business dei trasporti e del magazzinaggio (35%); quanto agli spazi domestici, in essi la produzione di questi gas nemici dell’atmosfera è pari al 45% e deriva sia dal riscaldamento che dagli usi di cucina.

Conclusioni: miglioriamo o peggioriamo?

I numeri non sono certo incoraggianti, ma ciononostante si può registrare un piccolo seppur non significativo miglioramento avvenuto in tempi recenti.  Il quinquennio 2013-2017 dimostra infatti che l’Italia è stata capace di limitare la produzione di gas serra (- 2,5%) e di precursori dell’ozono atmosferico (- 4%). Il sorriso viene però smorzato dalla lettura del dato relativo all’emissione di gas acidificanti che – nel medesimo periodo – è aumentata dell’1,8%. Insomma, qualcosa di buono è stato fatto, ma il cammino è ancora lungo. La green economy è appena agli albori e in essa si confida per un cambio di mentalità che, tanto negli ambiti familiari quanto in quelli produttivi, metta al centro la Terra, dal cui benessere dipende anche il nostro.

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