Legionellosi, un nemico conosciuto ma che continua a preoccupare

I dati europei e italiani parlano di un calo dei casi di Legionellosi nel 2020. Ma guai a cantar vittoria al cospetto di un nemico subdolo e mai domo.

Essere consapevoli dell’esistenza di una patologia non significa potersi permettere di sottovalutarla, così come la convivenza con essa non può tradursi in un atteggiamento di incosciente passività. In definitiva, occorre mantenere la guardia sempre alta per evitare che un pericolo, seppur noto, non si traduca in un grave pregiudizio per la salute. Il CoViD-19 è ancora lì a ricordarlo, come una sorta di severo monito. Eppure, questo non è l’unico agente patogeno da tenere sotto controllo. Pari importanza merita la Legionella, da cui deriva la Legionellosi (o Malattia del legionario), infezione nota da ormai quasi 50 anni ma non per questo meno rischiosa. Da ormai tanto tempo entrata a far parte dell’elenco dei batteri più pericolosi per l’uomo, la Legionella può essere considerata come un nemico ben noto, ma non per questo inoffensivo. D’altronde, sono i dati a parlar chiaro e a ricordare che la scrupolosità resta un atteggiamento doveroso.

la legionella al microscopio

Il panorama europeo

A dar man forte a quanto appena detto è il report stilato dall’ECDC (Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie) che – con riferimento al 2020 – registra 8372 casi di Legionellosi verificatisi nell’UE e nei paesi del SEE (Spazio Economico Europeo). Più nel dettaglio, il report consente di notare che la maglia nera spetta a un quartetto di nazioni: Italia, Germania, Francia, Spagna. Quattro Paesi che, nel loro insieme, costituiscono circa il 50% del totale della popolazione UE/SEE e che – allo stesso tempo – registrano complessivamente il 72% dei casi totali. I dati mostrano poi un tasso di notifica medio pari a 1,9 per ogni 100 mila abitanti, in calo rispetto al 2019 (quando esso si assestava a 2,2), con un picco massimo di 5,7 registrato in Slovenia.

I dati alla lente d’ingrandimento

Dalla lettura del dossier emerge poi che quasi l’87% dei casi sono stati acclarati mediante il test dell’antigene urinario, e circa l’11% tramite coltura. Di questi ultimi, il 5% sono stati cagionati da tipologie di Legionella non pneumophila (come, per esempio, la Legionella Longbeachae, Bozemanii e Micadei). Si evince altresì che la maggioranza dei contagi ha interessato individui di sesso maschile, di età pari o superiore a 65 anni, La Legionella continua dunque a mostrare una maggiore incidenza tra gli uomini, forse a causa di alcune cattive abitudini maggiormente diffuse nel mondo maschile (come il tabagismo e l’abuso di alcol) e della maggiore esposizione a impianti e sistemi in cui la Legionella può proliferare (basti pensare, come esempio, che la manutenzione degli apparati aeraulici è spesso affidata gli uomini).

La Legionella in Italia

Osservato il panorama europeo, è tempo di verificare la situazione italiana, ove il 2020 si è concluso con la cifra di 2074 soggetti affetti da Legionellosi (2021 confermati, 53 probabili). Entro i confini nazionali, l’andamento del contagio – in calo del 33% rispetto al 2019 – mostra inoltre una certa differenziazione geografica così sintetizzabile:

Nord50 casi per milione di abitanti
Centro40,5 casi per milione di abitanti
Sud10,5 casi per milione di abitanti

Più nello specifico, il report consente di verificare che il 74% dei contagi totali si è registrato in Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Lazio; il restante 25% nelle altre 15 entità regionali e nelle province autonome di Trento e Bolzano.

Lievi differenze tra Europa e Italia

Tra contesto continentale e nazionale, gli aspetti peculiari del contagio non variano di molto. Se il report ECDC parla di contagiati di età uguale o maggiore a 65 anni, quello firmato dall’ISS specifica che l’età media è di 66,2 anni. A coincidere è altresì il fattore legato al sesso: anche in Italia, la percentuale di ammalati annovera in larga parte uomini (69%), con un rapporto tra maschi e femmine pari a 2,2:1. L’indagine condotta dall’ISS permette poi di capire qualcosa in più circa i fattori di rischio e le potenziali esposizioni. Da essi risulta infatti che – in percentuali varie – i 2074 contagiati:

  • Avevano trascorso almeno una notte in un luogo diverso dalla propria abitazione (campeggi, hotel, ecc…);
  • Erano stati ricoverati in strutture ospedaliere;
  • Erano residenti in RSA, case di riposo per anziani, o strutture di riabilitazione;
  • Avevano frequentato una piscina;
  • Avevano beneficiato di cure odontoiatriche;
  • Si trovavano in carcere o in comunità.

Il dossier specifica poi che molti casi (87,4% del totale) risultano annoverabili tra quelli di origine comunitaria (ossia non nota), in quanto riguardanti soggetti che non hanno mai soggiornato fuori casa durante il periodo di incubazione.

Conclusioni

Le notizie provenienti dall’ECDC e dall’ISS non lasciano spazio a dubbi: la Legionella resta un batterio da cui è fondamentale difendersi. I numeri sono lì a ribadirlo, sebbene essi siano più bassi rispetto all’anno precedente. Un calo che, però, non permette di allentare le misure di sicurezza, perché probabilmente dovuto alle restrizioni poste in essere dalla necessità di arginare il CoViD-19, le quali hanno avuto impatto anche sulla diffusione della Malattia del legionario. L’allentamento delle restrizioni può dunque dare nuovo impulso all’agente patogeno, la cui pericolosità va pertanto monitorata. Fondamentale in tal senso resta la prevenzione sanitaria, specie tra i soggetti più vulnerabili, così come il mantenimento di eccellenti standard qualitativi nella manutenzione di impianti, sistemi e apparecchiature in cui la Legionella può proliferare.

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