Classificazione dei rifiuti: principi base per imprenditori e manager

Smaltire correttamente richiede conoscenza delle norme. Su tutte, quella riguardante le varie tipologie di rifiuti, suddivisi in quattro categorie.

Contribuire al miglioramento dell’economia circolare è un proposito encomiabile, nonché una mission fondamentale per ogni impresa che voglia definirsi green. Tuttavia, sarebbe fuorviante pensare che basti proclamarsi paladini dell’ambiente per poter ottenere risultati tangibili. Non si può andare all’arrembaggio dell’inquinamento dotati soltanto di entusiasmo, per quanto esso possa rappresentare una spinta fondamentale. Per far sì che la partecipazione al ciclo virtuoso dei rifiuti sia proficua, occorre innanzitutto dotarsi di tutte quelle nozioni che regolano il riciclo degli scarti, mediante le quali il processo può essere svolto con consapevolezza ed efficacia.

Dalla definizione generale alla suddivisione particolare

Tra queste norme, di primaria importanza è quella che attiene la classificazione dei rifiuti. Com’è facile immaginare, le tipologie di scarti sono molteplici, e distinguere le une dalle altre è fondamentale per smaltirle in maniera corretta. Prima di analizzare le varie voci che compongono l’elenco, è però opportuno ricordare che – in base al d.lgs. n. 205/2010 – si definisce rifiuto “qualsiasi sostanza o oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi”. A questa definizione di portata generale, corrisponde poi una suddivisione in quattro categorie, distinte sia per origine che per tipologia.

I rifiuti urbani

L’elencazione può prendere avvio da tale raggruppamento, ove vengono inseriti gli scarti:

  • Domestici: intendendosi come tali quelli (anche ingombranti) provenienti da locali e luoghi adibiti ad abitazione;
  • Provenienti da strade e aree pubbliche: nel novero rientrano i rifiuti, di qualunque natura e provenienza, giacenti in strade e aree pubbliche nonché  in quelle private destinate a uso pubblico, sulle spiagge (sia marine che lacustri) e sulle rive dei corsi d’acqua;
  • Risultanti dallo spazzamento delle strade;
  • Vegetali: ossia quelli provenienti da aree verdi (giardini, parchi o cimiteri).

Avere le idee chiare sulle voci che compongono quest’elenco è di fondamentale importanza per riconoscere i rifiuti che possono essere reimmessi nel circolo virtuoso da quelli che, invece, vanno conferiti in discarica.

I rifiuti speciali

Si tratta da un raggruppamento che riguarda molto da vicino il mondo dell’impresa, poiché gli scarti di seguito individuati derivano in larga parte dallo svolgimento di attività produttive. Nel novero rientrano infatti i rifiuti provenienti da lavorazioni industriali, dallo svolgimento di attività commerciali come anche dall’esercizio di prestazioni sanitarie. Completano poi l’elenco: i veicoli a motore (o le loro parti) non più utilizzati perché danneggiati od obsoleti, i macchinari e le attrezzature ormai dismessi, i materiali di scarto dell’industria fotografica, i fanghi risultanti dal trattamento delle acque e dall’abbattimento di fumi.

I rifiuti pericolosi

Tale partizione è operata in relazione alla pericolosità. In tal senso, il d.lgs. n.205/2010, individua elementii rischiosi perché:

  • Esplosivi;
  • Tossici;
  • Comburenti;
  • Facilmente infiammabili;
  • Irritanti;
  • Nocivi;
  • Cancerogeni;
  • Mutageni;
  • Tossici per le riproduzioni:
  • Sensibilizzanti;
  • Ecotossici;
  • Corrosivi;
  • Infettivi;
  • Che sprigionano gas tossici a contatto con l’acqua.

Viene poi specificato che, a completare l’elenco, vi sono anche quegli scarti che, una volta eliminati, sono in grado di dar origine a un’altra sostanza, dotata di una o più delle caratteristiche suindicate.

All’interno, due categorie

Specificato che questa tipologia viene definita in base al grado di pericolosità, va poi detto che in essa possono rientrare sia i rifiuti urbani che quelli speciali. Un esempio possono essere le batterie o i farmaci che, seppur adoperati in ambito civile, possono rappresentare un rischio elevato, sia per l’uomo che per l’ambiente. Parimenti, anche tra gli scarti prodotti dalle imprese possono essere rintracciati rifiuti pericolosi. Esempi in tal senso sono gli scarti dei processi chimici, della raffinazione del petrolio, dell’industria metallurgica e tessile, come anche i solventi, gli oli esauriti, gli scarti risultanti dal trattamento dei rifiuti. Senza poi dimenticare quelli prodotti in ambito medico e veterinario, anch’essi potenzialmente dannosi. 

Cosa può fare un imprenditore?

Insomma, i pericoli sono tanti e vanno ridotti smaltendo i rifiuti in modo corretto. Per operare con diligenza, è fondamentale che l’imprenditore si faccia coadiuvare da personale qualificato (generalmente, professionisti iscritti all’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali) in grado di individuare i rifiuti pericolosi e separarli da quelli non pericolosi, così da effettuare una suddivisione corretta, che rappresenta il primo passo in direzione di un proficuo smaltimento.
In ragione di ciò, è facile comprendere che conoscere la classificazione dei rifiuti e operare in base ai suoi criteri, è la tappa iniziale di un viaggio destinato a condurre l’azienda nella sostenibilità ambientale.

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