Emissioni sonore: un rischio a cui non si può restare sordi

L’inquinamento acustico in azienda può avere effetti negativi sulla salute dei lavoratori. Pertanto, valutarne il rischio è un onere imprescindibile.

Sarebbe estremamente semplicistico sminuire l’insieme dei possibili pericoli incombenti sui lavoratori di un’impresa. Semplicistico e conseguentemente rischioso, perché significherebbe lasciare campo libero a minacce del tutto trascurate.

Più corretto è quindi l’atteggiamento di tanti imprenditori che, consci della varietà di insidie che possono gravare sul benessere psicofisico dei dipendenti, ottemperano con diligenza e responsabilità  all’obbligo di valutazione del rischio, dettato dall’art. 28 d.lgs. n.81/08 (Testo Unico sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro). Un obbligo che si estende a qualsivoglia tipologia di pericoli, anche a quelli erroneamente considerati meno dannosi.

Definizione ed effetti dell’inquinamento acustico

Tra questi ultimi, rientra anche l’inquinamento acustico. Troppo spesso sottovalutato, esso è invece capace, al pari degli altri rischi, di causare infortuni sul lavoro e malattie professionali. Valutarne la gravità è pertanto un dovere imprescindibile, nonché uno dei pilastri su cui si fonda una corretta politica antinfortunistica all’interno degli spazi aziendali. Per essere svolta in maniera appropriata, la valutazione non può però prescindere da alcuni capisaldi. Primo fra tutti, la definizione di inquinamento acustico, fondamentale per individuare prontamente il concretizzarsi del pericolo. Con tale termine si fa riferimento a tutti quegli effetti sonori – naturali o artificiali – che, a causa della frequenza, del livello e della variabilità, sono in grado di generare danni all’apparato uditivo. Tra questi, l’ipoacusia (ossia la perdita progressiva dell’udito) che può sfociare talvolta nella sordità totale. A essi, possono poi aggiungersi altri fenomeni, come quelli a carattere neuropsichico (insonnia e affaticamento) o cardiocircolatorio (ipertensione).

Livelli di esposizione e misure da intraprendere

Fugato ogni dubbio circa la pericolosità dell’inquinamento acustico nei luoghi di lavoro,

il legislatore ha provveduto anche ad individuare e quantificare vari livelli di rischio e le conseguenti azioni che il datore di lavoro deve intraprendere per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.

Nel dettaglio vengono fissati i valori di azione, inferiore e superiore, ed il valore limite di esposizione come valore che non può mai essere superato, al netto dell’ausilio di idonei dispositivi di protezione dell’udito.

Tali valori di azione e di esposizione vengono determinati su base giornaliera di otto ore lavorative o, in caso di lavorazioni non ripetitive, su base settimanale.

Nella tabella seguente vengono riportati tali limiti e le relative azioni da intraprendere

Livello di esposizione in dB (decibel)Misure da intraprendere
< 80Il pericolo non sussiste, pertanto non è richiesta alcuna azione.
80 < 85Assegnazione ai lavoratori esposti di adeguati dpi; Nomina del medico competente; Adozione della sorveglianza sanitaria, su richiesta dei  dipendenti  o del medico competente; Espletamento degli obblighi di formazione e informazione.
85 < 87Obbligo per i dipendenti di utilizzare i dpi; Adozione obbligatoria della sorveglianza sanitaria;Espletamento degli obblighi di formazione e informazione;Accesso ai luoghi di lavoro consentito soltanto ai lavoratori adeguatamente formati e informati.
> 87Adozione delle misure idonee a ridurre il rischio; Individuazione delle cause di inquinamento acustico; Modifica dei programmi di prevenzione e tutela.

 La tabella consente di comprendere nitidamente come quello da rumore sia un rischio che la disciplina di legge invita a non sottovalutare, perché capace di mettere a repentaglio il benessere psicofisico dei lavoratori.

Obbligatorietà del DVR

Ed è proprio nel perimetro tracciato dal legislatore che deve svolgersi l’attività di valutazione. Come per tutti gli altri tipi di rischio, anche in questo caso si è al cospetto di un obbligo gravante sul titolare d’impresa. Trattandosi di materia molto tecnica e dai risvolti considerevoli, è bene affidare  il compito a chi può vantare competenze adeguate. Come i tecnici qualificati, dotati della professionalità idonea ad accertare l’eventuale esistenza di emissioni sonore effettuando – qualora necessario – il rilievo fonometrico. L’obbligatorietà della valutazione si estende a ogni comparto produttivo e interessa tutte le imprese con almeno un lavoratore dipendente esposto a rumori. Inoltre, anche nell’ipotesi in cui il rischio non sussista, si rende cionondimeno doverosa un’indagine, i cui risultati, al pari di quelli che dimostrano l’esistenza dell’insidia, dovranno confluire nell’apposito DVR (Documento di Valutazione del Rischio), che certificherà le ricerche effettuate, la portata  dell’eventuale rischio e i programmi di contrasto.

Aggiornamento e sanzioni

Una volta compilato il DVR, la questione inquinamento acustico può essere accantonata? Rispondere affermativamente significherebbe avvalorare comportamenti irresponsabili. Al pari di ogni altra minaccia gravante sul benessere dei lavoratori, anche quella derivante dalle emissioni sonore va monitorata periodicamente. Per questo motivo, il Testo Unico decreta che all’aggiornamento della valutazione si debba provvedere a cadenza quadriennale. Periodo di tempo che si riduce nel caso in cui siano state realizzate modifiche nei processi lavorativi o negli spazi aziendali tali da rendere obsoleta la precedente indagine, o quando i risultati della sorveglianza sanitaria consiglino di aggiornare il DVR.

A completamento della disciplina, si pone poi uno specifico regime sanzionatorio. Arresto da 3 a 6 mesi o sanzione pecuniaria variabile tra € 2500 ed € 6400: sono questi gli spauracchi con cui il legislatore intende punire gli imprenditori che omettono di valutare il rischio rumore, una minaccia fragorosa quanto temibile.

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