Come riconoscere il mare inquinato

Oltre a quelli più evidenti, esistono altri segnali dell’inquinamento dei mari. Riconoscerli aiuta a preservare se stessi dai rischi a essi connessi.
Barbie in acqua sommersa dalla plastica

Chiedi a un bambino di disegnare il mare e lui utilizzerà un pastello di colore celeste, la tinta che, meglio di ogni altra, rappresenta la limpidezza. D’altronde, limpidezza e bellezza sono le qualità che ognuno di noi associa alle distese di acqua salata. Peccato però che questa rappresentazione, così radicata nell’immaginario collettivo, si scontri sempre più spesso con la triste realtà dei fatti. Il mare, quel santuario naturale da cui attingiamo benessere sia fisico che mentale, è abitualmente vilipeso da atteggiamenti umani irrispettosi. Sono ormai decenni che esso è divenuto una sorta di sversatoio, con evidenti danni sull’ecosistema e palesi ripercussioni sulla salute delle persone. Questi effetti collaterali sono talvolta facilmente individuabili (si pensi alle distese di plastica che vagano alla deriva negli oceani, o alle chiazze di petrolio – di dimensioni più o meno vaste – che fanno capolino tra le onde), altre volte un po’ meno. Esistono infatti segnali d’allarme – di cui ora tratteremo – non immediatamente riconoscibili, ma non per questo meno preoccupanti.  Anzi forse anche di più, perché un nemico subdolo nasconde maggiori insidie di uno apertamente dichiaratosi.

Di seguito vi indichiamo alcuni elementi che permettono di individuare un mare inquinato. Una volta riconosciuto, potete segnalarlo ad autorità competenti e altri enti.

Alghe tossiche

Se è vero che in natura sono presenti alghe dagli effetti benefici, come tali adoperate sia nell’industria alimentare che in quella cosmetica, è altrettanto innegabile l’esistenza di altri organismi vegetali dotati di una tossicità tale da pregiudicare sia le specie marine che l’essere umano. Fra queste, va annoverata la Ostreopsis Ovata, originaria di ambienti tropicali ma recentemente rinvenuta anche nel Mediterraneo. Si tratta di un organismo di piccole dimensioni la cui presenza nel mare è segnalata da fenomeni quali: 

  • Superficie dell’acqua lattiginosa e iridescente;
  • Formazione di schiuma;
  • Fondali coperti da una patina di colore bruno;
  • Piccole specie marine (come stelle di mare o ricci) senza vita o in precario stato di salute.

Questa tipologia di alga può causare problemi alla pelle (tramite contatto), nonchè alle nostre vie aeree, mediante inalazione delle sue microparticelle che il vento aiuta a disperdere nell’ambiente.

Schiuma gialla

In tv o dal vivo, sarà capitato a tutti di vedere una sorta di sostanza spumosa ricoprire un tratto più o meno ampio della superficie del mare. Uno spettacolo di certo sgradevole, che sicuramente non invoglia a fare il bagno e fa sorgere dubbi sulla salubrità di uno specifico lembo di costa. Ma a cosa è dovuta quella schiuma gialla? Essa non è altro che il prodotto della decomposizione delle alghe marine che, favorita dalle alte temperatura, rilascia nell’acqua una sostanza giallognola e viscosa, trasformata in schiuma dal moto ondoso. Al di là del disgusto che può suscitare, c’è da dire che tale spuma è in grado di generare irritazioni alla pelle e agli occhi. Inoltre, essa può far supporre che in quel tratto di mare siano stati sversati fertilizzanti utilizzati in agricoltura, i quali costituiscono una fonte di nutrimento per le alghe favorendone perciò lo sviluppo.

Assenza di conchiglie e fauna selvatica

donna stesa su una spiaggia sporca di plastica

Bello un bagnasciuga liscio e perfetto, ove nulla riesce a disturbare la passeggiata romantica con la propria dolce metà. Eppure, a ben vedere, questo potrebbe essere il segnale di un litorale che non gode di ottima salute. Una riva sprovvista di conchiglie, granchi o patelle lascia supporre che quella parte di riviera non sia ben ossigenata e che pertanto non sia popolata da molte specie marine. Le ragioni della penuria di ossigeno disciolto nel mare potrebbero essere molteplici. Fra le tante, si possono indicare: 

  • I cambiamenti climatici, che hanno ripercussioni sulla temperatura delle acque. Aumentando il livello di calore, si riduce la solubilità dell’ossigeno; 
  • Sversamento di prodotti chimici: si pensi ai fertilizzanti utilizzati in agricoltura, che costituiscono nutrimento per le alghe. La loro proliferazione causa un aumento del consumo di ossigeno, a scapito delle altre specie marine.

Insomma, sarà pure gradevole passeggiare su un bagnasciuga fatto solo di sabbia, ma questo può far scattare un campanello d’allarme circa la salute dei nostri litorali.

Macchie marroni

È uno dei fenomeni che più tristemente attanaglia alcune delle coste italiane, tra cui anche quella campana. L’effetto ottico non è di certo dei più suggestivi: notare una chiazza di colore bruno, che per uno spazio più o meno ampio ricopre un tratto di mare, è qualcosa che frena finanche i più sfegatati fan dei tuffi. Come si formano queste macchie? Per alcuni, esse sono dovute all’azione naturale del fitoplancton (alghe e batteri presenti nell’acqua) favorita dalle elevate temperature della stagione estiva. Per altri, invece, queste disgustose presenze sono il chiaro segno di un sistema fognario mal funzionante (se non del tutto assente) come tale inidoneo a garantire la corretta gestione dei reflui. A prescindere dalla loro origine, la presenza di queste macchie fa sorgere nei bagnanti il dubbio sulla qualità del mare. Dubbio che, talvolta, viene tramutato in certezza dal divieto di balneazione disposto dalle autorità competenti. 

Scogli privi di mitili

In questo caso, il segnale di inquinamento deriva dall’acidificazione dei mari. Il processo trae origine dalla sempre più consistente presenza di anidride carbonica presente nell’atmosfera. Questa sostanza, una volta discioltasi nelle acque, si trasforma in acido carbonico, che va a incidere sull’acidità dei mari. Ciò comporta una diminuzione del pH, con susseguente pregiudizio per i mitili, i quali necessitano di un ambiente marino dotato di un certo livello di acidità per far sì che i loro filamenti aderiscano agli scogli. In caso contrario, essi non riescono a far presa e si depositano sui fondali, ove diventano facile preda per la fauna presente. Il problema non è limitato ai soli militi, bensì interessa anche vongole, ricci, coralli e ostriche. Insomma, una parte rilevante delle specie marine, la cui estinzione pregiudicherebbe non soltanto l’ecosistema ma anche quelle popolazioni le cui attività e il cui nutrimento si basano su ciò che il mare pone generosamente a loro disposizione.

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