Emissioni in atmosfera: normativa, autorizzazioni e sanzioni

Tutelare l’atmosfera dalle emissioni inquinanti è possibile, oltre che doveroso. Per farlo, occorre adeguarsi a quanto prevede la normativa di riferimento.

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Attenzione costante e adeguate misure di contrasto sono le armi migliori per ridurre l’impatto negativo della produzione industriale sull’ambiente. Un obiettivo fondamentale per la salvaguardia del benessere della natura e – di conseguenza – dell’uomo, ma anche una missione a cui nessuna impresa può sottrarsi. Ciò perché la Green Economy è molto più di una semplice parola; è un concetto che contiene in sé una nuova idea di business, fondato sul principio dell’eco-sostenibilità. Un principio che, a sua volta, si articola in molteplici aspetti. Tanti quanti sono le possibili forme di inquinamento ambientale che, pertanto, devono essere tutte costantemente monitorate.

Cosa sono le emissioni atmosferiche?

Monitoraggio a cui non possono sottrarsi neanche le emissioni atmosferiche. Termine con cui si individuano tutte le sostanze (siano esse in forma solida, liquida o gassosa) che, rilasciate nell’atmosfera, ne causano l’inquinamento. Queste emissioni sono classificabili in “convogliabili”, quando le fonti di inquinamento sono precisamente individuabili (es: i camini industriali), e in “diffuse”, se – invece – sono rilasciate in modo diverso (es: quelle da carico e scarico di materiali). Quale che sia il tipo di emissioni atmosferiche, esse suscitano sempre notevole preoccupazione, in quanto sono capaci di aggravare emergenze ambientali già allarmanti, come l’ampliamento del buco dell’ozono, il peggioramento della qualità dell’aria, l’accelerazione del cambiamento climatico.

Attività di monitoraggio

Per evitare che questa preoccupazione diventi reale, occorre una corretta attività di monitoraggio, la cui struttura è delineata dal TUA (Testo Unico sull’Ambiente, d.lgs. n. 152/06). Qui, per le attività che producono emissioni atmosferiche sono previsti:

  • Valori di emissioni;
  • Metodi di campionamento;
  • Analisi;
  • Criteri per valutare la conformità dei valori ai limiti di emissione.

Il sentiero tracciato dal Testo Unico potrebbe rivelarsi faticoso per gli imprenditori, specie se percorso senza un adeguato supporto. Questo può essere fornito da professionisti del settore, in grado di farsi carico della problematica rappresentata dalle emissioni atmosferiche. Professionisti come Esia, consulente ambientale presente in Campania, che vanta l’accreditamento Accredia per lo svolgimento di indagini sulle emissioni nocive per l’atmosfera.

Autorizzazioni alle emissioni.

1) La procedura ordinaria

Oltre a stabilire come svolgere un corretto monitoraggio, il Testo Unico decreta anche la necessità – per tutte le imprese inquinanti – di ottenere un’autorizzazione al rilascio di sostanze nell’atmosfera. Autorizzazione oggi disciplinata dal d.lgs. n.183/17 che, sul tema, ha modificato quanto precedentemente disposto dal TUA.

Attualmente, sono previste due tipi di autorizzazione: ordinaria e semplificata.

La procedura ordinaria, ricompresa nel procedimento di Autorizzazione Unica Ambientale (AUA), prevede la presentazione di una domanda all’ente competente (solitamente la Provincia), accompagnata da un progetto dello stabilimento e da una relazione tecnica. Ricevuta la domanda, all’ente competente è riconosciuta la possibilità di convocare una conferenza di servizi e di domandare ulteriori integrazioni all’impresa richiedente l’autorizzazione. La procedura deve chiudersi entro 120 giorni dalla domanda (che salgono a 150, in caso di richiesta di integrazioni). L’accoglimento della richiesta è accompagnato da determinate indicazioni, quali:

  1. Modalità di captazione e convogliamento delle emissioni convogliabili;
  2. Valori limite delle emissioni;
  3. Prescrizioni per la gestione delle emissioni diffuse;
  4. Periodo che deve trascorrere tra la messa in esercizio (comunicata all’autorità competente con un preavviso di almeno 15 giorni) e quella a regime dell’impianto;
  5. Data entro cui devono essere trasmesse all’autorità competente i risultati della misurazione delle emissioni.

L’autorizzazione così ottenuta è valida per 15 anni, decorrenti dal giorno del rilascio del titolo.

2) Attività in deroga

Diversamente dalla precedente, quest’ autorizzazione – nota anche come autorizzazione generale – è riservata agli impianti in deroga, come tali intesi quelli che producono emissioni scarsamente rilevanti. Il basso impatto ambientale è attestato da un apposito documento, in cui – per l’appunto – si certifica che le emissioni prodotte dall’impianto rientrano in determinati valori limite. Va precisato che, negli ultimi anni, la normativa ha ampliato la platea dei possibili beneficiari di tale autorizzazione, attualmente ottenibile da tutte quelle imprese che dimostrino di non utilizzare particolari sostanze inquinanti.

Quanto alla domanda, essa va presentata almeno 45 giorni prima dell’installazione e deve essere indirizzata all’ente competente che – anche in questo caso – è solitamente la provincia.

Ottenuto il permesso, l’imprenditore potrà verificarne il contenuto, molto simile a quello delle autorizzazioni ottenute seguendo la procedura ordinaria. 

Sanzioni

Per scoraggiare comportamenti poco virtuosi, è previsto un regime sanzionatorio di particolare severità. Esso viene applicato sia nell’ipotesi in cui l’impresa risulti essere sprovvista di autorizzazione, sia quando l’attività produttiva prosegua pur dopo la scadenza del permesso. Ma non solo. Punibile è anche il comportamento dell’imprenditore che opera in spregio delle prescrizioni contenute nel documento, o che non provvede a comunicare i dati relativi alle emissioni. Ugualmente sanzionabile è l’omessa comunicazione (ove richiesta dalla legge) delle modifiche dello stabilimento, siano esse sostanziali o meno.

Si tratta quindi di un sistema articolato di misure, la cui inosservanza può sfociare in sanzioni pecuniarie (da un minimo di € 1500 a un massimo di € 15 mila) o – quando l’inosservanza è di particolare gravità – addirittura detentive.

Uno scenario da evitare, insomma. Sia per tutelare la natura che le sorti future dell’azienda.

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